Ex Casa Circondariale Femminile di Empoli
Alfabetizzazione al cinema
L’alfabetizzazione al cinema nella Casa circondariale di Empoli è iniziata nel 1995 quando la struttura era ancora maschile.
Dal 1996 è la prima ed unica attività educativa nella Casa Circondariale Femminile a Custodia Attenuata che si svolge con incontri di cineforum per le prime tre recluse. Con l’arrivo di altre detenute e l’inizio della scuola, il “Cineforum” diviene attività permanente di alfabetizzazione al cinema. Negli anni che vanno dal 1998 al 2001, con il contributo del Ministero della Giustizia realizziamo un laboratorio di produzione filmica che ci consente la realizzazione del film Liberante.
Questo laboratorio di video-produzione, interdisciplinare con la scuola, nasce dal aver conosciuto l’esperienza che l’Associazione Camera Woman, con le registe Anna Gasco, Tiziana Pellerano ed Emanuela Piovano, aveva fatto, proprio nella sezione femminile del nuovo carcere di Torino Le Vallette, nel 1988.
Il film Liberante viene realizzato in un periodo in cui il tema dei diritti delle donne e delle diversità di genere è sempre più al centro del dibattito politico e sociale coinvolgendo anche la questione delle diverse esigenze di genere della popolazione detenuta.
Nel 2009 l’istituto viene chiuso con la prospettiva di divenire un carcere dedicato alle transgender. Il progetto non ha però un buon esito e nel 2011 la struttura viene riaperta come Casa Circondariale Femminile, per accogliere donne con reati non gravi o a fine pena e non è più una custodia attenuata per tossicodipendenti.
Molte le attività culturali e artistiche svolte all’interno di questa Casa Circondariale dotata di un biblioteca, della scuola, di laboratori di teatro, musica, sartoria, ceramica, vetro artistico, pittura, cucina e di una rivista “Ragazze Fuori“, curata da Patrizia Tellini.
I laboratori di Lanterne Magiche hanno accompagnato le attività rieducative del carcere fino alla chiusura, sempre lavorando con il cinema come strumento utile per percepire la condizione detentiva delle donne attraverso la narrazione, o per creare occasioni di riflessione, di studio e approfondimento o di incontro e socialità e infine per vivere l’esperienza del lavoro in gruppo attraverso la produzione di filmati.
Hanno partecipato ai nostri incontri autori come Paolo Virzì e Federico Bondi, si sono attuate collaborazioni con i gruppi teatrali Giallo Mare e Centro Internazionale del progetto “Teatro in carcere“, erano anni di pieno impegno sociale ed educativo con una equipe coesa fra direzione, educatori, polizia penitenziaria, servizi sanitari, operatori dei corsi, della scuola e i volontari con i quali abbiamo sempre interagito. Una collaborazione che ci ha permesso di produrre altri cortometraggi (Shish Kebab nel 2007, Le rose di Empoli nel 2012, Noi siamo in forse nel 2014), avendo sempre cura del percorso rieducativo delle donne recluse. Il trattamento psicopedagogico si avvalse sempre delle attività culturali e formative.
Oltre il muro, nella città
La Casa Circondariale a Custodia Attenuata Femminile di Empoli, viene aperta alla metà degli anni ’90 e nel 2016 definitivamente chiusa, si trovava in Via Valdorme Nuova nell’immediata periferia di Empoli, detta Il Pozzale.
Inizialmente pensato come carcere mandamentale, l’Istituto era stato, per un breve periodo, riservato alla sezione maschile per detenuti con brevi fine pena e con bassa pericolosità sociale. In seguito, grazie ad un protocollo d’intesa fra il Ministero della Giustizia, Regione Toscana, Provincia di Firenze e Comune di Empoli, l’8 marzo del 1996, la struttura diventa la Casa Circondariale a Custodia attenuata per donne tossicodipendenti. E’ la prima strutturata in Italia per il trattamento avanzato, sul piano pedagogico ed educativo, delle donne detenute. Le caratteristiche della struttura, circondata da campi e aree naturali, consente di istituire una vera e propria azienda agricola, dove si sono tenuti corsi di giardinaggio e apicoltura. Le donne recluse potevano accedere al lavoro esterno presso le piccole imprese del territorio empolese. Questa struttura detentiva ed il suo contenuto umano è stata un esempio di come sia possibile costruire un progetto educativo con piccoli gruppi in piccoli territori che accolgono meglio la diversità sociale.
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