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ROGGON, Andrea
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I'm Free [risorsa elettronica] = Soy Libre / regia Andrea Roggon ; soggetto Andrea Roggon ; sceneggiatura Andrea Roggon ; fotografia Hagen Schönherr, Petra Lisson ; montaggio Andrea Roggon, Julia Böhm ; suono Eduardo Cáceres ; musica Mirella Kern, Thorsten Puttenat, Oliver Frick, Niko Lazarakopoulos
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DE, CU : Filmakademie Baden-Württemberg : EICTV Escuela Internacional de Cine y TV, 2010
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1 file mkv (3.89 gb) (83 min.) : color., son.
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Festival dei Popoli, 2010. - Sottotitoli in inglese. - Lungometraggio. - Altri formati: mp4.
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Schönherr, Hagen. Lisson, Petra. Böhm, Julia. Cáceres, Eduardo. Kern, Mirella. Puttenat, Thorsten. Frick, Oliver. Lazarakopoulos, Niko.
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1. Politica.
2. Geopolitica.
3. Dittatura.
4. Diritti civili.
5. Povertà.
6. Diari e memorie.
7. Contestazione.
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Abstract: Nel 1964 Mikhail Kalatozov realizza "Soy Cuba" con l’intento di mostrare, con i mezzi del cinema e della poesia, la condizione umana dell’isola caraibica, prima e dopo la rivoluzione. Diviso in quattro episodi, il film è preceduto da un lungo piano sequenza in cui la macchina da presa compie un percorso di affascinante virtuosismo. Quasi cinquant’anni dopo, la videocamera digitale di una giovane regista tedesca compie lo stesso percorso. Ma i tempi sono cambiati. E il suo sguardo su Cuba, sulla realtà sociale, civile, politica, non può che prenderne atto. Partendo dal lungomare di L’Avana, ormai omologato dai reportage turistici e dalla pubblicità, la videocamera, sempre in lento movimento, scopre spazi e corpi colti nella quotidianità del lavoro e del tempo libero. La gente, cosciente della presenza di un obiettivo che la inquadra, si presta al gioco e interpreta se stessa come su una scena teatrale. Raramente si rivolge alla cineasta, ma la sua voce emerge con frasi sintetiche e incisive a commentare il visivo, punteggiando il racconto di frasi dal sapore di aforisma e consegnandoci il ritratto di un’isola che freme dal desiderio di conquistare una nuova libertà. "Di ritorno in Germania, dopo un anno passato a Cuba, ho deciso di fare un film su questa intensa esperienza. Volevo che documentasse il passaggio dalla superficie delle cose a un livello più profondo di realtà, fino a raggiungere il pensiero delle persone. Nel fare questo volevo conservare una prospettiva personale. L'immagine doveva restare aperta e dinamica. Volevo captare le voci della gente, coglierle nella loro franchezza e spontaneità, come quando si rivolgevano a me nel momento in cui la videocamera era spenta. (...) Era molto importante per me che tutto questo procedimento riflettesse in maniera veritiera il peculiare senso del tempo che esiste a L'Avana. L'uso dei piani sequenza era un bel modo per raggiungere un tale risultato. Essi mostrano infatti come spazio e tempo a Cuba siano strettamente connessi". (A. Roggon)
In 1964, Mikhail Kalatozov made Soy Cuba. His aim was to show the human condition in the Caribbean island before and after the Revolution by means of film and poetry. Made of four episodes, the film was preceded by a lengthy long take along an extreme trajectory, showing virtuoso camerawork. Almost fifty years later, the digital camera of a young German woman filmmaker follows his path. Times have changed, though. Her gaze lingering upon Cuba and its social, civil, and political reality can’t help realizing this. The camera leaves from the Havana promenade – now a common tourist and advertising image – and goes on, with the same slow movement, to unravel spaces and bodies captured in their daily toil and leisure. The people are aware that a camera is watching them but they play the game and act themselves out as if they were on a stage. They rarely address the filmmaker, but the latter’s voice counterpoints the visuals with concise and sharp comments, almost aphorisms – thus offering a portrait of an island trembling with the desire to find new freedom. “When I came back to Germany after a year spent in Cuba, I decided to make a film about this intense experience. I meant to record the transition from the surface of things to a deeper level of reality, down to the people’s thoughts. I also wanted to keep a personal perspective. The image was supposed to be open and dynamic. I wanted to capture the people’s voices in their frankness and spontaneity, like when the camera was off and they spoke to me. (...) It was very important to me that all this process reflect the peculiar sense of time ruling in Havana. Long takes were the best device to do this. Through these, you get the feeling that space and time in Cuba are so tightly connected.” (A. Roggon)
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Lingua: Spagnolo. |
Genere: Documentario.
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link_mediafdp/soy_libre_i_am_free.roggon_andrea
VISIONABILE IN MEDIATECA SENZA PRENOTAZIONE
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