La rassegna promossa da CSC – Cineteca Nazionale, giunge al traguardo finale della sua prima, fortunata edizione, con una terza e ultima parte – in programma dal 9 maggio al 29 giugno
Dopo l’omaggio a una delle massime star di Hollywood, Claudette Colbert , la diva che – insieme alle colleghe Myrna Loy e Carole Lombard – seppe incarnare alla perfezione il modello di donna dinamica, estroversa, pronta a rompere le convenzioni che tanta fortuna ebbe nel cinema americano degli anni ’30 e ’40, per cinque settimane la programmazione al cinema La Compagnia si tinge di nero, anzi di NOIR, con il tributo a uno dei generi principe del cinema americano, capace di nutrire l’immaginario collettivo di tutto il mondo grazie alle atmosfere cupe e inquietanti, alle luci “taglienti” di un mondo notturno popolato da criminali spietati, donne perdute, sbirri incalliti, e ancora alcolisti, talpe, ricattatori, capaci di ogni nefandezza.
Un genere glorioso, che ha prodotto titoli leggendari come Gilda di Charles Vidor e Le catene della colpa di Jacques Tourneur, e che ha visto cimentarsi con le sue regole – e talvolta infrangerle – alcuni dei più grandi autori della storia (dal Fritz Lang di Il grande caldo al giovane Kubrick di Rapina a mano armata, dall’Orson Welles di L’infernale Quinlan all’Howard Hawks di Il grande sonno, e ancora John Huston con Giungla d’asfalto e Il mistero del falco). Oltre ai titoli già citati, in programma anche Il bacio della morte di Henry Hathaway, La sanguinaria di Joseph Lewis, È tardi per piangere di Byron Haskin, , Tragedia a Santa Monica di Andre De Toth, I gangster, Doppio gioco e Il romanzo di Thelma Jordon di Robert Siodmak, Dollari che scottano di Don Siegel, Il fuorilegge di Frank Tuttle, Schiavo della furia di Anthony Mann, La furia umana di Raoul Walsh, La polizia bussa alla porta di Joseph Lewis, Solo chi cade può risorgere di John Cromwell, Golfo del Messico di Michael Curtiz, Ho amato un fuorilegge di Frank Tuttle e Sgomento di Max Ophüls.
Omaggio a Judy Garland
Si prosegue, dal 20 giugno, con l’omaggio – nel centenario della nascita – a un’autentica icona, JUDY GARLAND: enfant prodige, sul palcoscenico sin da bambina e poi protagonista ad appena 17 anni di un film destinato a cambiarle la vita, Il mago di Oz di Victor Fleming, Garland è stata più di un’attrice (e ballerina, e cantante). È stata, ed è, un mito. Per merito di alcuni grandi film (su tutti È nata una stella di George Cukor, ma anche le collaborazioni con Vincente Minnelli, in primis il capolavoro Incontriamoci a St. Louis e Il pirata), ma forse ancora di più per colpa di una vita sfortunata, così in contrasto con l’immagine scintillante dei suoi ruoli in “technicolor”.
Omaggio a Mauro Bolognini
Un altro anniversario, stavolta tutto italiano, chiude la programmazione di questa prima stagione: il 29 giugno si celebra infatti il centenario della nascita di MAURO BOLOGNINI, autore a partire dalla fine degli anni ’50 di film anche di grande successo, uno su tutti Il bell’Antonio, dotato di una capacità non comune di spaziare tra generi, epoche, classi sociali, raccontando la Roma “reietta” di Pasolini (La notte brava) e la Toscana di fine Ottocento (La viaccia), la classe operaia di Metello e la borghesia corrotta e soffocante di Fatti di gente per bene. Perché, allora, di Bolognini si parla così poco? Forse proprio per questo suo “eclettismo” che lo rende difficile da incasellare in una categoria precisa (il cinema civile, la commedia all’italiana), e che rischia di mettere in secondo piano non solo le qualità formali del suo cinema – sempre così controllato nella scelta delle inquadrature, così preciso nella ricostruzione, così attento nell’uso del colore e del bianco e nero – ma anche lo spirito sinceramente umanista, lontano da ogni moralismo, che informa tutta la sua opera.